Renault Rafale: la plug-in è “svelta” e ricca
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Prezzo (al momento del test)
€ 57.200
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Autonomia (dichiarata)
100 km
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Emissioni di CO2 (dichiarate)
12 grammi/km
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Euro
6d
€ 57.200
100 km
12 grammi/km
6d
Dopo la versione full hybrid da 200 CV, che a parità di accessori costa solo 3.500 euro in meno (qui il primo contatto), la crossover-coupé Renault Rafale arriva anche in versione plug-in. Con i suoi 300 CV e la trazione integrale è il modello più potente e costoso della casa francese, ma i 52.700 euro di base sono giustificati dalla ricca dotazione e dalle raffinate soluzioni meccaniche. Sotto il cofano è confermato il 1.2 a tre cilindri, ma, grazie anche a un nuovo turbo, i suoi cavalli passano da 131 a 150; lavora insieme a due unità elettriche integrate nel cambio robotizzato, a cui se ne aggiunge una al retrotreno, che muove le ruote posteriori. Queste ultime sono anche in grado di sterzare: nella stessa direzione di quelle anteriori per favorire la stabilità alle velocità medio-alte e in quella contraria per migliorare l’agilità.
Secondo la casa, la batteria da 22 kWh basta per 100 km di marcia in elettrico: un valore notevole. Peccato che la “pila” si ricarichi solo in corrente alternata fino a 7,4 kW e che quindi servano almeno tre ore per una rigenerazione completa. Certe plug-in rivali accettano una maggiore potenza (alcune si possono collegare perfino alle colonnine più rapide, in corrente continua). Il maggiore ingombro dell’ibrido plug-in ha ridotto la capienza del bagagliaio dai 528 litri della full hybrid a 469 litri: non sono comunque pochi, pur considerando che l’auto è lunga ben 471 cm. Troppo alta, però, la soglia di carico, a ben 82 cm da terra.
Questa plug-in è offerta solo in due allestimenti molto ricchi, connotati da dettagli sportiveggianti dentro e fuori. L’Esprit Alpine (52.700 euro) ha già i sensori dell’angolo cieco, il portellone motorizzato, la frenata automatica anche in retromarcia e i sedili riscaldabili. La Atelier Alpine del test (€ 57.200) aggiunge i cerchi di 21” anziché di 20, i fari a matrice di led (i cui abbaglianti illuminano a giorno senza accecare gli altri guidatori), le telecamere a 360°, l’apertura del portellone senza necessità di premere il pulsante, i sedili regolabili elettricamente (anche massaggiante quello di guida), il volante riscaldabile egli ammortizzatori a controllo elettronico.
Nonostante la forma filante del tetto, lo spazio abbonda anche dietro. Chi sta sul divano può pure utilizzare i pratici porta-tablet integrati nel bracciolo centrale: comodi per vedere un film in viaggio. Specifica per la Atelier Alpine la moquette blu e i rivestimenti dello stesso colore delle tasche delle quattro porte; di buona qualità materiali e montaggi. Come nelle le più recenti auto della Renault, la plancia integra un sistema multimediale basato su Android Automotive: reattivo e ricco, integra i servizi di Google. Maps è usato come navigatore e si possono scaricare decine di app dallo Store. In più, non è preclusa la possibilità di utilizzare la proiezione del proprio telefono sul display di 12”, grazie ad Android Auto e Apple CarPlay (non sempre disponibili in auto che usano lo stesso sistema operativo per l’infotainment). Tanta tecnologia non fa passare in secondo piano la praticità: il “clima” bizona si comanda con pratici comandi fisici (sebbene la retroilluminazione sia debole e al buio si vada un po’ “alla cieca”). Da rivedere invece la leva della trasmissione, montata in alto dietro al volante: è intuitiva da azionare ma si confonde facilmente con quella dei tergicristallo. Curate le finiture; nella versione provata, sono di serie anche i rivestimenti parziali in Alcantara.
Praticamente full optional, la Atelier Alpine può essere arricchita solo dell’head-up display (700 euro), dell’hi-fi dell’Harman Kardon (€ 950) e del tetto panoramico autooscurante Solarbay (1500 euro). Quest’ultimo sfrutta nove elementi nel vetro che diventano istantaneamente opachi o trasparenti a seconda che siano attraversati o meno dalla corrente. Così si può decidere di filtrare il sole interamente, di farlo solo sopra i posti anteriori o quelli posteriori o di lasciare che la luce esterna entri in tutto l’abitacolo. Di serie anche i sedili sportivi, che non sono troppo fascianti. Visto il prezzo, però, ci saremmo aspettati la regolazione nell’inclinazione della seduta: il cuscino è corto e supporta poco le cosce, che si indolenziscono presto anche a causa dei supporti laterali poco imbottiti.
Già dalla scheda tecnica si intuisce che questa è un’auto molto scattante e alla guida ve n’è la conferma, anche quando si viaggia solo in elettrico. Esaurita la carica (i 100 km promessi paiono alla portata), il particolare sistema ibrido usa il 1.2 per muovere la vettura assieme alle unità a corrente o per azionare un generatore che ricarica la “pila” (ma per ritornare al 100% l’accumulatore in questo modo). Rispetto ad altre applicazioni passate, ora il 1.2 è meglio isolato: nell’abitacolo arrivano poche vibrazioni e anche la sua “voce” (non molto gradevole) è attutita. Il cambio, in condizioni normali ha passaggi di rapporto inavvertibili, ma anche quando si guida in maniera spigliata gli “strappi” sono sporadici e di piccola entità.
Le ruote posteriori sterzanti aiutano parecchio in manovra e nei percorsi tortuosi come quelli che abbiamo incontrato vicino a Nizza, dove abbiamo provato la vettura. In particolare in modalità Sport, queste sterzano di più e l’auto è davvero agile e pare ben più corta dei suoi 471 cm. Non un granché, invece, la visibilità: dietro è praticamente nulla, mentre nelle curve a sinistra il montante del parabrezza oscura gran parte della visuale. Sono di serie anche gli ammortizzatori a controllo elettronico “predittivi”: basandosi su quanto ripreso da una telecamera frontale, l’elettronica “capisce” su quale fondo l’auto sta per muoversi, variando la loro risposta attimo per attimo. Così, quando l’asfalto è liscio la taratura è più ferma, riducendo il rollio nei cambi di traiettoria, mentre se il fondo è irregolare le sospensioni si ammorbidiscono, per non ridurre il comfort. Che è effettivamente di discreta qualità, nonostante i grandi cerchi di 21” (di serie), ma le asperità più marcate non sono comunque filtrate al meglio. E, sempre parlando di comfort, già a 110 km/h si notano fruscii causati dai grandi specchietti.
Postato il 07 novembre
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